di Giovanni Acerboni, Carlo Bonadonna e Ida Tucci
29 maggio 2020
Le tecnologie e la lingua comune: il cappuccino non si fa mettendo il latte nella moka
di Giovanni Acerboni, Carlo Bonadonna, Ida Tucci
In due righe
Aiutare chi scrive a farsi capire da chi legge: l’ultima frontiera della tecnologia per l’ultimo problema della lingua.
La lingua comune
La radio e la televisione hanno contribuito in modo decisivo a diffondere la lingua italiana in anni in cui l’analfabetismo e l’uso esclusivo del dialetto riguardavano il 90% degli italiani.
Per secoli, la lingua italiana non era stata e non aveva avuto la necessità di essere una lingua di comunicazione. Pochissimi scrivevano per pochi.
La lingua era un fattore di distinzione e di supremazia in se stessa. Gli illetterati chinavano il capo come Renzo Tramaglino davanti a don Abbondio.
Senza la radio e la televisione, ci avrebbero messo molto di più la scuola, il servizio militare ecc. a diffondere quella lingua che ora permette a un palermitano di intendersi con un bergamasco.
Piano piano, gli italiani si sono avvicinati. I preti non scrivono più le lettere degli innamorati, i professori si capiscono con i genitori. Con una lingua comune, i ruoli sono più chiari e i rapporti più sani. Quando parlo con un prete o con un professore lo posso ora rispettare per quel che è, non sono più costretto a temerlo perché sono analfabeta.
La lingua separata
Ma resta ancora una distanza evidente: le istituzioni e i cittadini non si capiscono bene.
Meglio: i cittadini capiscono difficilmente i messaggi delle istituzioni. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo lo ha testimoniato e ha fornito la prova del nove, palesando tra l’altro quanto gravi possono essere gli effetti dell’incomprensione.
Per vent’anni, al termine di ogni corso di formazione professionale di scrittura efficace ci domandavamo per quanto tempo i partecipanti avrebbero conservato e difeso le abilità comunicative che avevano appena riscoperto o conquistato.
Poi, quasi improvvisamente, cinque anni fa abbiamo capito che le persone avevano bisogno di una tecnologia che le aiutasse a farsi capire, che le aiutasse a scrivere. Allora abbiamo inventato la “tecnologia della comprensione”, una tecnologia che unisce due “lingue” ancora separate: la lingua scritta delle istituzioni e delle imprese e la lingua dei cittadini.
Dal calamaio al word processor
L’editor web di Medium con cui abbiamo scritto questo articolo, così come gli editor che installiamo sul computer, rivelano le loro potenzialità in moltissime funzioni utili (per esempio l’impaginazione e una serie di effetti grafici impraticabili a mano libera).
Eppure:
- non interagiscono con chi scrive;
- non gli suggeriscono come migliorare il suo testo perché, ortografia a parte, non si riferiscono a nessun modello di qualità.
Con queste caratteristiche gli editor non impattano sulla qualità della lingua, anzi, rendendo possibile il copia-incolla, seducono chi scrive a clonare nel nuovo testo la lingua del vecchio.
Il fatto è semplice: gli editor sono l’evoluzione tecnologica del calamaio, non gli eredi della radio e della televisione. Quindi non possono essere delegati a risolvere l’ultimo problema della lingua, che è quello della comprensione tra le persone.
Per risolverlo servono: cura del testo e relazione col destinatario.
Altrimenti è come tentare di fare il cappuccino mettendo il latte nella moka.
Moka e montalatte
Confidando in una nuova trasformazione digitale, abbiamo realizzato un editor nuovo: Writexp, frutto di vent’anni di ricerca e di consulenza nel campo della scrittura professionale.
Writexp è, come dicono a Napoli, il “fattapposta” della scritturaistituzionale e aziendale, un ambiente di scrittura intelligente, che interagisce con chi scrive e lo aiuta a creare relazione con il destinatario. In particolare:
- è un ambiente specializzato, perché è allenato su un archivio completo e unico di testi istituzionali e aziendali;
- interagisce con chi scrive rileggendo al suo posto il testo e segnalando i “nodi” su cui una persona che legge si impiglierebbe o si attarderebbe a comprendere;
- aiuta a semplificare frasi complicate e parole abusate, con messaggi esplicativi, template commentati, video, migliaia di sinonimi;
- fa risparmiare in media il 30% di parole e così anche il tempo di chi scrive e di chi legge;
- rende la comunicazione razionale, chiara ed efficace rispetto a tutti i destinatari.

Una rivoluzione tradizionale
Writexp allora rappresenta la tecnologia che risolve l’ultimo problema della lingua: diventare una lingua di comunicazione anche nella comunicazione istituzionale e aziendale, in modo che le persone accomunate da interessi, scopi, domande, speranze si capiscano tra loro anche quando hanno competenze e ruoli diversi.
Rivoluzionario? Per molti aspetti sì, ma in realtà, a ben vedere, la mission di questa digital transformation è la stessa di un tempo: impedire che sopravviva l’antico messaggio della supremazia di una lingua separata e si traduca in una anacronistica distanza tra le persone.
Oggi non esistono più Renzi Tramaglini.